Storia di una lunga ricerca di strumenti e di metodologie: le macchine per la scrittura per non vedenti

Melissa Tondi, Enrica Panzeri
Modello Hall Braille Writer 1898, macchina da scrivere per non vedenti in braille

Gli strumenti museali tiflodidattici e tiflotecnici, raccontano l’evoluzione culturale che ha permesso ai non vedenti di accedere alla conoscenza e di diventare protagonisti del sapere. Ogni singolo strumento, esposto nella raccolta museale Louis Braille, ci fornisce preziose indicazioni in merito all’epoca alla quale appartengono, fornendo un dettagliato panorama sociologico sulla condizione dei non vedenti di due secoli fa.

L’Istituto dei Ciechi di Milano, fin dalle sue origini, accolse le innovazioni europee nel campo della tiflopedagogia tanto che, nell’Italia del XIX secolo, fu l’Ente con maggior tiratura di libri stampati a rilievo e dimostrandosi di essere all’avanguardia nella ricerca di mezzi meccanici nuovi per l’istruzione dei non vedenti. A tal riguardo, il fondatore dell’Istituto dei Ciechi di Milano, il ragioniere Michele Barozzi, già direttore presso la Pia Casa d’Industria e Ricovero di s. Marco, cercò di superare con successive modifiche i limiti della tavoletta per la scrittura comune a mano fino a trasformarla in una macchina da scrivere che permetteva la comunicazione diretta tra il cieco e il vedente, velocizzando così il metodo di scrittura. La prima macchina per scrivere ideata da Michele Barozzi (1795-1867) fu fatta costruire secondo le sue indicazioni in due esemplari nel 1847 dal macchinista Carlo Radice “con 23 tasti come un cembalo, con n. 23 aste grosse e lunghe per il carattere in rilievo, ed altrettante in acciaio per il carattere corsivo formanti due crespini ove lavorano tutte le aste a un punto di centro…”, per il costo di L. 500, come testimoniano le carte d’archivio.

Macchinetta Barozzi 1847, macchina per scrivere per non vedenti ad elementi intercambiabili a caratteri comuni

1840 · Macchinetta Barozzi 1847, macchina per scrivere per non vedenti ad elementi intercambiabili a caratteri comuni

La macchina successiva, costruita nel 1848 da Giovanni Battista Marchesi di Lodi (1807-1870) grazie anche ai suggerimenti di Michele Barozzi, risultò da subito molto innovativa tanto che fu premiata nel 1851 dal Giurì dell'Esposizione di Londra con medaglia di II Classe. Era congegnata per poter scrivere sia con caratteri ad inchiostro che con caratteri in rilievo ed era dotata di punzoni ribaltabili, che da una parte riportavano le lettere minuscole, dall’altra le maiuscole, quindi particolarmente adatta all’utilizzo dei ciechi. L'ideazione valse al Marchesi anche il brevetto di "Socio del grande Istituto delle Arti Unite" che nasceva proprio in quell'anno per opera del Governo inglese.

Macchina Barozzi Marchesi 1848, macchina per scrivere per non vedenti a caratteri comuni

1848 · Macchina Barozzi Marchesi 1848, macchina per scrivere per non vedenti a caratteri comuni

Contemporaneamente, sempre nello stesso periodo, il non vedente francese Pierre Victor François Foucault (1797-1871) aveva realizzato intorno al 1840 in Francia, ispirandosi a un’idea di Louis Braille, una macchina da scrivere che venne distribuita sul mercato in seguito verso il 1860. Il modello, presente presso il Museo, riveste molta importanza perché in tutta Europa si conservano solo altri tre esemplari: al Museo dell’Associazione Valentin Haüy di Parigi, al Museo Tiflologico dell’ONCE a Madrid e un terzo presso la Casa Museo di Louis Braille a Coupvray. La macchina serviva al cieco per scrivere a ciechi e a vedenti in quanto il carattere realizzato in rilievo risulta costituito da puntini anneriti (visionabile anche dai vedenti) e non da profili per cui era più semplice comprenderlo sulla carta.

Modello Foucault 1860, macchina per scrivere per non vedenti a caratteri comuni e con puntini in rilievo

1840 · Modello Foucault 1860, macchina per scrivere per non vedenti a caratteri comuni e con puntini in rilievo

In Inghilterra, la macchina "Hughes" (in inglese, “Typograph”), qui esposta in un unico esemplare, opera per mezzo di un meccanismo a indice circolare con pistoncini a leva per ogni lettera. Inventata da William Hughes, direttore dell'Asilo per Ciechi denominato "Henshaw Institution" di Manchester, fu una delle prime macchine da scrivere di maggior successo progettate per i non vedenti, tanto che si aggiudicò una medaglia d’Oro sia alla Grande Esposizione di Londra del 1851 che a quella del 1862. La macchina infatti poteva produrre sia lettere in rilievo che lettere visibili, leggibili sia da non vedenti che da vedenti, e per tale motivo fu ampiamente usata nelle scuole per non vedenti durante gli anni 1850.

Modello Hughes 1857 (Typograph), per non vedenti a caratteri comuni

1857 · Modello Hughes 1857 (Typograph), per non vedenti a caratteri comuni

Sempre dall’Inghilterra, Henry Stainsby (1859-1925) direttore della Royal Institution for the Blind di Birmingham, insieme al produttore Albert Wayne, presentarono il loro prototipo intorno al 1903. Una versione che risultò "migliorata" rispetto alle precedenti, con parti in alluminio e un morsetto di carta che consentiva un accurato interpunto; la novità fu annunciata nel bollettino "Outlook for the Blind" già nel 1927 e disponibile per l’acquisto nel 1933, figurando nel catalogo della RNIB con il nome di “macchina per scrivere The Stainsby-Wayne Braille Writer Birmingham”. Dal 1978, la RNIB vendette il modello migliorato in diversi formati, tra cui una versione grande disponibile con bordo interno e interlineato e una versione piccola, presente in Istituto, con un bordo pieghevole.

Modello The Stainsby-Wayne Braille Writer Birmingham, macchina per scrivere per non vedenti in braille

1925 · Modello The Stainsby-Wayne Braille Writer Birmingham, macchina per scrivere per non vedenti in braille

Dall’America arrivò in Italia direttamente in Istituto, la macchina per scrivere modello Hall Braille Writer, inventata da Frank Haven Hall nel 1882 e costruita dalla Harrison and Seifreid di Chicago. Con questo strumento, Hellen Keller (1880-1968), famosa cieca e sordomuta, scrisse la storia della sua vita. Nel libro “Devil in the White City” scritto da Erick Larson si racconta che, quando Helen Keller venne a sapere che il signor Hall era l'inventore della sua macchina da scrivere che utilizzava, lo abbracciò e lo baciò calorosamente scoppiando in lacrime.

Modello Hall Braille Writer 1898, macchina da scrivere per non vedenti in braille

1898 · Modello Hall Braille Writer 1898, macchina da scrivere per non vedenti in braille

Nel 1902 venne regalata dall'autrice al professor Giulio Ferreri (1862-1942) sacerdote ed insigne pedagogista dei sordomuti, suo insegnante di lingua italiana, che nel 1929 decise di farne dono all'Istituto. La macchina Hall Braille Writer era già presente in Istituto a partire dal 1899 in quanto su consiglio del Rettore Luigi Vitali venne acquistata per l’istruzione dei ciechi in quanto “solida, semplice, elegante e [con garanzia] che possa funzionare anche a lungo senza facili guasti”.

La macchina per scrivere Edelmann (1897), esposta in collezione, combinava l'utilizzo del cilindro portacaratteri con il movimento di un puntatore nel tentativo di superare alcuni limiti tipici delle macchine ad una sola leva, come la lentezza, la non visibilità della scrittura e la poca funzionalità nella duplicazione delle copie. Il cilindro portacaratteri fu appositamente posizionato ad una certa distanza dal rullo per incrementarne la potenza dell'impatto sul rullo stesso; in questo modo era possibile realizzare più copie alla volta.

Modello Edelmann 1897, macchina da scrivere per non vedenti in braille

1898 · Modello Edelmann 1897, macchina da scrivere per non vedenti in braille

La macchina per scrittura Braille modello tedesco Picht (1927) costruita dalla Herde e Wendt di Berlino, è un modello di piccole dimensioni in ghisa con sei tasti più un tasto distanziatore in grado di far avanzare il carrello mobile in modo indipendente. La macchina fu progettata nel 1899 da Oscar Picht (1871-1945), professore al Knigliche Blindnanstalt di Stegnitz (Germania) e responsabile dell'amministrazione della Biblioteca Braille. L'apparecchio è stato realizzato, secondo i gusti dell'epoca, laccato in nero con ornamenti dorati; chiunque lo desiderava poteva pagare un supplemento e ordinare il prodotto con una tastiera in avorio e una custodia in legno di faggio. Era utilizzata per i non vedenti per soprattutto eseguire lavori amministrativi, in quanto estremamente veloce, conveniente ed economica rispetto a quelli disponibili sul mercato.

Modello tedesco Picht 1927, macchina da scrivere per non vedenti in braille

1927 · Modello tedesco Picht 1927, macchina da scrivere per non vedenti in braille

Presente in collezione, sempre di fattura tedesca, la macchina “Blista” costruita in ferro e laccata in verde dalla "Blindenstudienanstalt” di Marburg (Lahn) è un’evoluzione tecnologica del modello precedente Picht.

La macchina per scrivere “Constançon”, presente in collezione in ben due esemplari, fu disegnata e foggiata verso il 1920 presso l’Asilo dei Ciechi Svizzeri di Losanna al termine della Prima Guerra Mondiale. L'apparecchio si compone di un’anima di ferro rettangolare munita di telaio e rullo con 6 tasti a corona per la scrittura a cui si aggiunge il tasto spaziatore. Dai documenti d'archivio sappiamo che nel 1910 la macchina Constançon era già presente presso l'Istituto per la scrittura della notazione musicale. Era stata infatti acquistata su sollecitazione di un insegnante di musica, il professor Ambrogio Peliosanto, che la riteneva pregevole e "superiore rispetto ad altri apparecchi" dell'epoca.

Modello francese Constançon 1928 (Losanna n. 96), macchina da scrivere per non vedenti in braille

1928 · Modello francese Constançon 1928 (Losanna n. 96), macchina da scrivere per non vedenti in braille

Nel 1934 l’American Foundation for the Blind di New York fece dono di una macchina per scrivere in braille al rettore dell'Istituto dei ciechi di Milano, monsignore Giuseppe Ghedini. La macchina datata 1929 in ferro cromato, fabbricata per l’American Foundation for the Blind dalla ditta Smith & Corona Typewriters Inc., presenta una tastiera convenzionale con sei tasti in bachelite, un distanziatore in ferro e incorpora un tasto spaziatore, un tasto di rilascio del carrello e un campanello. Il manufatto ricorda il modello tedesco Picht.

Un altro esemplare presente nel museo è la macchina di foggia francese inventata da Octave Berger, molto simile alla Hall, e che fu acquistata direttamente dal Presidente dell’Istituto dei Ciechi di Milano, il senatore Piero Puricelli, a Parigi nel 1932. La macchina si compone di rullo, una tastiera munita di 6 tasti in ferro e un tasto spaziatore e risulta simile al modello Picht e al modello Smith &Corona Typewriters Inc.

Modello del tipo americano Hall costruito in Francia 1932, macchina da scrivere per non vedenti in braille

1932 · Modello del tipo americano Hall costruito in Francia 1932, macchina da scrivere per non vedenti in braille

Chiude la collezione, la macchina Perkins Brailler ideata nel 1951, da David Abraham, un insegnante che lavorò presso il Perkins Institute for the Blind di Watertown del Massachusetts. È sicuramente la dattilobraille più diffusa al mondo e sin dagli anni '70 ha rimpiazzato quasi ovunque i metodi tradizionali come tavoletta e punteruolo. Il modello consente la lettura diretta del testo scritto punzonato in braille mentre l'operatore vede immediatamente ciò che ha scritto.

Modello Perkins - David Abraham, macchina da scrivere per non vedenti in braille

1940 · Modello Perkins - David Abraham, macchina da scrivere per non vedenti in braille

Si menziona, anche se non è disponibile, il prototipo della macchina per scrivere “Sozzi” che fu realizzato presso l’Istituto dei Ciechi di Milano nel 1930 dai fratelli Piero e Lorenzo Sozzi con lo scopo di eliminare alcune lacune riscontrate nei modelli allora esistenti. Fonti orali riferiscono che l’apparecchio era stata realizzato con una scatola in cartone ricoperta da carta in linoleum su cui appoggiavano i dischetti in legno. La parte superiore era probabilmente composta da un riquadro in ferro rettangolare con meccanismo interno; consentiva l’uso di una sola mano grazie alla disposizione dei tasti che venivano “battuti” dalle 5 dita con un’unica variante per il dito indice sul tasto spaziatore. La sesta battuta era data con il palmo della mano. L’utilizzo di una sola mano per la scrittura è apprezzabile per il non vedente in quanto con la mano sinistra può seguire il testo che vuol copiare.

Melissa Tondi è storica dell'arte di formazione e conservatore museale di professione. Dal 2011 si occupa delle raccolte museali della Fondazione Istituto dei Ciechi di Milano ONLUS. È socia e consigliere del coordinamento lombardo ICOM Italia. Enrica Panzeri archivista si occupa del recupero di fondi storici di enti pubblici e privati. Collabora da anni con la Fondazione Istituto dei Ciechi di Milano ONLUS per la gestione dell'archivio storico.